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Riflessioni, notizie, suggerimenti che più mi sono "a cuore" per il nostro cuore
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Lo indicano i risultati del trial clinico per il trattamento di sovrappeso e obesità con il medicinale semaglutide, un farmaco di ultima generazione in grado di promuovere la perdita di peso corporeo riducendo la fame e aumentando il senso di sazietà.

 

Certo, l’argomento è piuttosto delicato e di certo l’obiettivo non è la bellezza, ma i valori clinici di salute e normopeso corporeo! ⁠⁠

Storicamente tutti i farmaci testati per far ottenere un calo di peso significativo hanno dimostrato numerosi effetti collaterali, soprattutto a livello cardiovascolare.⁠⁠ La ricerca scientifica tuttavia sta testando con grande ottimismo una nuova di classe di farmaci tra cui la #semaglutide. ⁠⁠

⁠Un articolo da poco pubblicato sul New England Journal of Medicine ha dimostrato come in un trial con più di 1900 pazienti la somministrazione di questo farmaco per via sottocutanea una volta alla settimana associata ad un intervento sullo stile di vita ha mostrato un netto calo del peso corporeo rispetto al solo cambio dello stile di vita.

⁠Il trial della durata di 68 settimane, ha indicato che la perdita di peso corporeo è stata in media del 14,9% nel braccio di trattamento con semaglutide rispetto al 2,4% del gruppo placebo, con una differenza determinata dalla terapia farmacologia di 12,4 punti percentuali. Il farmaco, somministrato per via sottocutanea alla dose di 2,4 mg una volta alla settimana, ha promosso una riduzione di peso pari o maggiore al 15% in più della metà dei partecipanti (50,5%), con una variazione media di 15,3 kg dal basale rispetto ai 2,6 kg persi dal gruppo placebo. Il trattamento, inoltre, ha fatto registrare miglioramenti sia in termini di riduzione di fattori di rischio cardiometabolico, sia di aumento della funzione fisica.

Risultati che, in generale, rendono questo farmaco fino a due volte più efficace rispetto ai medicinali esistenti, spiegano i ricercatori, avvicinandosi al tipo di efficacia degli interventi chirurgici. “Nessun altro farmaco ha raggiunto un tale livello di perdita di peso, questo è davvero un punto di svolta – ha affermato Rachel Batterham la ricercatrice sull’obesità dell’University College di Londra e co-autrice dello studio – . Per la prima volta, le persone potranno ottenere attraverso un trattamento farmacologico ciò che era possibile solo attraverso un intervento chirurgico”.

Oltre alla perdita di peso indotta dal farmaco, riducendo la fame e aumentando il senso di sazietà, il trattamento si è dimostrato sicuro e ben tollerato. Gli effetti collaterali più comuni sono stati di tipo gastrointestinale (tra cui nausea e diarrea), di entità da lieve a moderata. Sebbene questi eventi fossero di transitoria, hanno comunque portato 59 partecipanti (4,5%) a interrompere il trattamento rispetto ai 5 (0,8%) del gruppo placebo.

Ricordiamo che questo farmaco, che appartiene alla classe degli ipoglicemizzanti, ed è utilizzato nella terapia del diabete mellito.

I dati sono incoraggianti ma ovviamente sono necessarie ulteriori verifiche riguardo la sicurezza e l’efficacia di questa nuova opzione terapeutica. ⁠⁠

 

Fonte: Wilding et al 10.1056/NEJMoa2032183.

 


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Il colesterolo elevato?

So che rappresenta un problema ma la cosa non riguarda me.
Stando ad una recente indagine condotta da Iqvia per Mylan, la maggioranza degli italiani è consapevole che il colesterolo alto è il terzo fattore di rischio cardiovascolare dopo l’ipertensione arteriosa e la glicemia elevata, ma non ritiene lo sia per se stessi:

Il 63% di chi ha valori di colesterolemia normale ritiene poco probabile di ritrovarsi con un’ ipercolesterolemia in futuro.

Consola scoprire che sei persone su dieci hanno fatto almeno una valutazione del colesterolo totale nell’arco degli ultimi dodici mesi, ma poi pochissimi si ricordano l’esito o sanno capire se c’è di che preoccuparsi. Infatti l’86 per cento non sa neanche quale sia il valore soglia per LDL (colesterolo cattivo) e HDL (colesterolo buono), uno su due non ne ha idea neppure per il colesterolo totale.

Il dato più allarmante è la scarsa consapevolezza del rischio personale: il 34 per cento di chi ha dichiarato di avere i valori di colesterolo nella norma in realtà li ha borderline o sopra la soglia.

Queste la reazione del dott. Alberico Catapano, docente di farmacologia del dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università di Milano e coordinatore delle nuove linee guida sulle dislipidemie dell’European Society of Cardiology, rilasciate in una recente intervista al Corriere della Sera:
«Non mi sorprende, la consapevolezza reale è ancora poca», ammette. «Le soglie personalizzate non aiutano, perché i pazienti vorrebbero un numero solo valido sempre e per tutti; e non aiutano i referti degli esami, dove di solito viene scritto che un valore è “normale” senza metterlo in relazione al livello di rischio cardiovascolare del singolo. Ognuno dovrebbe invece conoscere il proprio colesterolo e il proprio obiettivo, iniziando a farlo presto: ridurre di appena 20 mg/dl il colesterolo ma mantenere questo risultato per tutta la vita taglia del 40 per cento il rischio cardiovascolare, un effetto non sempre ottenibile coi farmaci. Controllare il colesterolo quando si supera la pubertà, ripetere i test regolarmente e mantenerlo sempre nei limiti è il modo migliore per non dover poi ricorrere alle terapie».
Eccesso di calorie
«L’errore principale è esagerare con le calorie rispetto al fabbisogno energetico: è questo, insieme all’eccesso di grassi saturi, a facilitare la sintesi del colesterolo. Gran parte del colesterolo in circolo è infatti prodotto dal fegato, la quota dal cibo è minima, circa 400 milligrammi sui 2,5 grammi di colesterolo che ogni giorno viene gestito dal nostro organismo. Non bisogna quindi demonizzare i cibi che ne sono ricchi, come l’uovo, ma occorre piuttosto contenere le calorie, ridurre i grassi saturi ed eliminare i grassi trans (che derivano dai processi industriali con cui vengono idrogenati gli oli vegetali), i più dannosi», conclude Catapano nella sua intervista al Corriere della Sera.
Un esempio per tutto il mondo
La storia di Brisighella, in provincia di Ravenna, che dal 1972 è un «paese-laboratorio» in cui sono stati sperimentati vari progetti per la lotta al colesterolo: il rischio cardiovascolare degli abitanti è diminuito negli anni ed è un esempio di intervento virtuoso su un’intera popolazione che il mondo ci invidia.

Il segreto? Uno stile di vita sano, perché solo con le buone abitudini quotidiane i benefici restano nel lungo periodo. Le raccomandazioni sono quelle classiche: astensione dal fumo, un’attività fisica regolare (30-40 minuti di camminata in pianura, quotidianamente, meglio se accompagnati) e soprattutto una dieta equilibrata.
Colesterolo alto ereditario, un rischio aggiuntivo
A causa di una predisposizione genetica, alcune persone convivono con valori di coleterolemia LDL molto più alti della norma sin dai primi anni di vita, tale da poter determinare un infarto già in età giovanile.

Ma l’ipercolesterolemia familiare è sotto-diagnosticata e ancor meno curata: lo hanno sottolineato di recente gli esperti durante il congresso dell’European Society of Cardiology, dove uno studio ha dimostrato come questi pazienti abbiano un rischio di infarto da dieci a tredici volte più alto del normale, il primo attacco di cuore vent’anni prima degli altri ma si curano per il colesterolo alto solo nel 48 per cento dei casi.
Ipercolesterolemia familiare, i 4 segnali di allarme
«Avere una storia familiare di attacchi cardiaci in età giovanile è uno dei quattro segni che devono far sospettare una possibile ipercolesterolemia su base genetica e spingere ad approfondimenti», osserva Maurizio Averna del Centro Dislipidemie Genetiche del Policlinico Giaccone di Palermo.
«Gli altri elementi sono problemi cardiologici, come angina o infarto, in età giovanile; livelli di colesterolo Ldl superiori a 190 nell’adulto o a 160 nel bambino; infine ci sono gli accumuli di colesterolo visibili, o xantomi. Tipici ma presenti solo nel 40-50 per cento dei casi, sono “granulosità” su gomiti, dita e dorso delle mani».
La malattia è genetica dominante: basta perciò ereditare una copia del gene difettoso dal padre o dalla madre per manifestare il problema e avere quindi il 50 per cento di probabilità di trasmetterla ai propri figli.

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Per approfondimenti https://www.cardiologiaoggi.com/colesterolo-elevato-intervenire-subito-puo-salvare-la-vita/

 




Competenza e esperienza nella diagnosi cardiologica elettrocardiografica ed ecocardiografica.

Riconoscimento di cardiopatia ischemica cronica;
aritmie cardiache, ipertensione arteriosa e cardiomiopatie.



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Dott. Luca Paolini



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